La pubblicità è quella attività aziendale diretta a far conoscere l’esistenza o ad incrementare il consumo e l’uso di un bene o un servizio. Le aziende fanno attività pubblicitaria principalmente (ma non solo) attraverso i mezzi di comunicazione di massa quali la radio, la televisione, i giornali ed i periodici, internet, ecc…).
La forma di pubblicità più diffusa nell’antichità era il “passaparola”, anche se messaggi commerciali ed elettorali sono stati trovati impressi sulle rovine di Pompei. Con lo sviluppo delle tecniche di stampa, già nel XVII secolo i primi annunci pubblicitari cominciarono a comparire stabilmente sulle pagine dei settimanali inglesi. La pubblicità subì un’espansione parallela a quella dell’economia. Le prime agenzie pubblicitarie si incaricavano solamente di procurare spazio sui giornali agli inserzionisti, ma dall’inizio del XX secolo iniziarono ad occuparsi anche dei contenuti dei messaggi.
La pubblicità in Italia
La comunicazione pubblicitaria nasce e cammina parallelamente alle esigenze economiche, sociali, politiche e culturali di un paese.
Alla fine del XIX secolo l’Italia era ancora un paese prevalentemente ad economia agricola, con una situazione di povertà molto diffusa e con enormi differenze socio-economiche tra il Nord e il Sud del paese ed un’alta percentuale di analfabetismo.
Le prime comunicazioni pubblicitarie (al tempo chiamate reclame) iniziano a diffondersi con la nascita dei giornali tra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Sulle ultime pagine dei quotidiani, quali la “Domenica del Corriere”, la “Tribuna Illustrata” e l’”Illustrazione Italiana”, appaiono i primi comunicati pubblicitari.
Agli inizi la pubblicità veniva fatta principalmente con solo testi e disegni, anche se la maggior parte della popolazione era analfabeta ed erano molto pochi coloro che potevano leggere i giornali, e la pubblicità era molto semplice ed immediata.
Spesso si usavano i verbi all’imperativo: “Bevete..”, “prendete..”, “Al vostro farmacista chiedete..”.
La pubblicità arrivò sulla televisione italiana il 3 febbraio del 1957, ma una norma della Concessione tra il Ministero delle Poste e la RAI prevedeva che gli spazi pubblicitari non potessero superare il tetto del 5% del tempo di trasmissione totale. Si pensò che una massiccia dose di pubblicità televisiva avrebbe potuto danneggiare gli altri mezzi (giornali, cinema, manifesti, …) che traevano profitto, in parte o del tutto, dalla vendita di spazi pubblicitari. Inoltre la logica del “palinsesto pedagogizzante prevedeva pochi spazi per la pubblicità.
Le comunicazioni pubblicitarie vennero ghettizzate in un contenitore che ebbe, però, un grande successo e diventò anche occasione di sperimentazione di linguaggi e personaggi, nonché un vero fenomeno di costume: Carosello.
Carosello conteneva quattro o cinque messaggi pubblicitari di una lunghezza che oggi sarebbe al di fuori del budget di qualsiasi investitore pubblicitario. Al suo interno si raccontavano vere e proprie storie da cui sono usciti modi di dire e personaggi celebri.
Il grande cambiamento nella pubblicità televisiva avveniva nel 1980, quando Silvio Berlusconi fondò Publitalia.
La nuova concessionaria di pubblicità sconvolgeva tutte le regole portando sul mercato degli spazi pubblicitari tre innovazioni di rilievo:
– Publitalia andava a ricercare i potenziali clienti;
– non poneva grossi limiti quantitativi e proponeva sconti e incentivi;
– alla sua base non vi erano agenti che lavoravano a percentuale, ma squadre di consulenti ben formati.
La SIPRA (la società che gestiva la raccolta pubblicitaria per la RAI), per via del monopolio, era abituata ad aspettare i propri clienti che arrivavano alla concessionaria solo tramite le agenzie.
I venditori di Publitalia, invece, andando a scovare i possibili clienti, sollecitandoli con offerte spesso personalizzate e proponendo differenti combinazioni e sconti, permisero di scavalcare le agenzie, questo fece entrare nel circuito della pubblicità una larga fetta di quelle aziende, formatesi nell’espansione imprenditoriale degli anni settanta, che prima erano escluse garantendosi per sé questo tipo di clientela.
La pubblicità è in continua evoluzione e se solo ci fermassimo a confrontare spot di “soli” 10 anni fa con quelli attuali, ci accorgeremmo di quanto le cose sono cambiate e probabilmente cambieranno ancora.LA COMUNICAZIONE
La comunicazione (dal lat. cum = con, e munire = legare, costruire) va intesa anzi tutto come un processo di trasmissione di informazioni (secondo il modello Shannon e Weaver). In Italiano, comunicazione ha il significato semantico di “far conoscere”, “render noto”. La comunicazione è un processo costituito da un soggetto che ha intenzione di far sì che il ricevente pensi o faccia qualcosa.
Definizioni e contesti
Poiché il termine viene impiegato in contesti assai diversi, dalla filosofia alla sociologia alla psicologia, alla biologia, alla teoria dell’informazione, si rivela difficile offrire una definizione che sia da un lato significativa, dall’altro valida in ogni contesto.
Comunicazione puó significare cosí sia il quotidiano parlare assieme delle persone, sia pubblicitá o pubbliche relazioni.
Gli agenti della comunicazione possono essere persone umane, esseri viventi o qualsiasi altra “cosa”: se infatti è colui che “riceve” la comunicazione ad assegnare a questa un significato, è evidente come la potenzialitá creativa dell’essere umano possa sempre assegnare significati ad ogni cosa, collegando il sistema comunicazione alle due caratteristiche dell’essere umano: l’ immaginazione e la creazione di simboli.
Nel processo comunicativo che vede coinvolti gli esseri umani ci troviamo cosí di fronte a due polarità: da un lato la comunicazione come atto di pura cooperazione, in cui due o più individui “costruiscono insieme” una realtà e una verità condivisa; dall’altro la pura e semplice trasmissione, unidirezionale, senza possibilità di replica, nelle varianti dell’imbonimento televisivo o dei rapporti di caserma. Nel mezzo, naturalmente, vi sono le mille diverse occasioni comunicative che tutti viviamo ogni giorno, in famiglia, a scuola, in ufficio, in città.
Il concetto di feedback ha un ruolo fondamentale anche nei processi comunicativi. Possiamo individuare nella qualità della retroazione, e nel modo in cui il feedback viene valorizzato nel processo comunicativo nel suo complesso, un segnale per una “buona comunicazione”.
In tal caso si puó dire che il significato di una comunicazione sta nel suo risultato – ed è indipendente quindi dalle intenzioni dei partecipanti.
Un modello formale di comunicazione
Generalmente si distinguono diversi elementi che concorrono a realizzare un singolo atto comunicativo:
emittente: la fonte delle informazioni effettua la codifica di queste ultime in un messaggio
ricevente: accoglie il messaggio, lo decodifica, lo interpreta e lo comprende
codice: parola parlata o scritta, immagine, tono impiegata per “formare” il messaggio
canale: il mezzo di propagazione fisica del codice (onde sonore o elettromagnetiche, scrittura, bit elettronici)
contesto: l'”ambiente” significativo all’interno del quale si situa l’atto comunicativo
contenuto: l’oggetto della comunicazione.
Come si è detto, il processo comunicativo ha una intrinseca natura bidirezionale, quindi il modello va interpretato nel senso che si ha comunicazione quando gli individui coinvolti sono a un tempo emittenti e riceventi messaggi.